ASPESI REblog - "Muri, virus e società civile"
di Federico Garaventa - Tento di portare un contributo ai lavori, proponendo di focalizzare l’interesse
sulle attività di commercio al dettaglio e di erogazione di servizi in situ. Possiamo comprendere in questo
ampio universo tutto ciò che va dall’hotel della grande catena fino all’estetista,
passando per negozi e pubblici esercizi. Rappresentano una componente
determinante del flusso di reddito prodotto dal Real Estate. Caratteristica che
accomuna tali attività, è la necessità di accogliere clienti esterni per
l’erogazione del servizio o la vendita del prodotto.
La produzione di tale reddito è frutto della capacità degli imprenditori di
organizzare i fattori della produzione nella maniera più efficiente. Tra questi
fattori della produzione rientra a pieno titolo la superficie immobiliare disponibile.
Possiamo ritenere che l’incidenza dei “costi dei muri”, in queste attività,
possa essere compresa, per grande parte, tra il 25% e il 30%, con casi anche
superiori. Quindi, un fattore della produzione in grado d’incidere significativamente
sul costo del servizio erogato o del prodotto venduto.
L’efficienza ricercata dall’imprenditore è frutto del mix, unico per ogni attività,
delle esigenze operative e commerciali, nell’ambito dei vincoli tecnici e
normativi esistenti.
Ci troviamo alla vigilia dell’introduzione di limiti normativi ulteriori. Tali
nuove norme imporranno agli imprenditori di modificare in maniera peggiorativa
il mix dei fattori produttivi, aumentando complessivamente il costo del
prodotto/servizio. Il conduttore potrà reagire in due modi: 1) aumentando i prezzi,
subendone però il calo di volume per effetto dell’elasticità della domanda 2) mantenendo
i prezzi e scaricando la sopraggiunta inefficienza sul valore dei muri, tramite
riduzione del canone di locazione. Le due soluzioni non sono alternative, quindi
il risultato sarà un mix variabile delle due componenti.
Entrambe le soluzioni hanno, tuttavia, effetti analoghi sui “muri”. Varranno
meno. A livello di intero sistema economico. Per sempre? O per un periodo? Oggi
nessuno è in grado di rispondere, ma anche l’ipotesi che si tratti di un
periodo limitato nel tempo avrà effetti negativi. I conduttori dovranno inoltre
affrontare degli investimenti, per adeguare le superfici alla prosecuzione delle
attività. Anche se il periodo di vigenza fosse limitato, ciò significherebbe che
tali investimenti andrebbero ammortizzati in un periodo più breve rispetto al
loro naturale ciclo di obsolescenza, aumentandone quindi l’incidenza relativa.
Un esempio concreto: in un self service restaurant nel centro di una grande
città italiana, il personale di sala, addetto a sgombero e pulizia tavoli, nel
momento di punta del servizio, qualora si dovessero installare le famigerate
“barriere di Plexiglasâ” (in realtà, polimetilmetacrilato),
dovrebbe passare da 3 a 7 addetti. Costo che si aggiunge ad una diminuzione dei
posti a sedere da 171 a 119. Numeri in grado di mettere in discussione la
redditività stessa dell’attività.
Ma l’impatto delle misure restrittive non si esaurisce al lato degli
operatori (nonché alle banche che li hanno finanziati).
Ad oggi, nessuno si sta preoccupando di cosa accadrà dal lato della
domanda. Tutti sappiamo che la curva della domanda, ai livelli più bassi di
prezzo, è estremamente elastica alle variazioni, anche minime. Cosa succederà,
se il “primo prezzo” dovesse alzarsi in valore assoluto? Per esempio, se non
fosse più possibile fare una piega-phon a 16€ o consumare un pasto completo a
11€?
Dal lato della domanda, un intero segmento di consumatori si ritroverà
escluso dall’accesso alla fascia più economica di prodotti e servizi. Stiamo ovviamente
parlando del segmento più numeroso.
Ritengo doveroso non trascurare gli effetti a lungo termine di queste
esclusioni che produrranno, in definitiva, maggiore povertà e peggioramento
degli stili di vita proprio per le fasce di cittadini più vulnerabili e
fragili, tanto economicamente quanto, e soprattutto, socialmente.
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